Siamo tutti Iraniani

Le proteste per la morte di Mahsa Amini sono iniziate a Teheran il 16 settembre 2022, ma i dissensi continuano ancora oggi e rischiano di trasformarsi in qualcosa di più complesso. La Storia della giovane repubblica islamica inizia quaranta anni fa. Nel 1979 per abbattere il regime repressivo dello scià Reza Pahlavi tutte le forze di opposizione di ispirazione religiosa, nazional-liberale e marxista si riunirono intorno alla figura carismatica di Khomeini. Le manifestazioni si concentrarono a favore dell’ayatollah perché non esisteva un’altra figura carismatica. Lo scià fuggì da Teheran, la situazione peggiorò rapidamente nel giro di qualche mese. Numerose furono le diserzioni nell’esercito e molti esponenti di rilievo del vecchio regime si diedero alla fuga. Khomeini ritornò in patria il 31 gennaio 1979 dall’esilio di Parigi. L’ayatollah divenne capo del consiglio rivoluzionario assumendo di fatto il potere, mentre gli uomini rimasti della monarchia furono processati e giustiziati. La rivolta assunse un carattere politico religioso e le forze laiche, poggiarono la loro fiducia nella figura di Khomeini pensando che se ne sarebbe stato lontano dalla politica, e questa fu la prima novità. Il 30 marzo un referendum sancì la nascita della Repubblica Islamica dell’Iran con il 98% dei voti e i partiti laici rimasero intrappolati in un regime teocratico.

La costruzione dello Stato Islamico.

Fu istituita una nuova costituzione conforme alla legge islamica. Furono banditi le bevande alcoliche, gioco d’azzardo e prostituzione. Iniziarono le persecuzioni contro gli omosessuali, la pena di morte per lo stupro e l’adulterio e per chiunque assumesse comportamenti non conformi alla sharia. Venne imposto alle donne di coprire braccia e gambe con abiti lunghi e di coprire il capo con un velo, nascondendo rigorosamente i capelli. L’effettivo esercizio del potere dello Stato fu sotto l’egida dell’Islam. Venne istituito anche il Corpo delle Guardie delle Rivoluzione Islamica che doveva vegliare e far rispettare in modo rigoroso le norme della Sharia. I partiti laici non attuarono nessuna forma di opposizione e furono messi a tacere. Il 1979 iniziò la Storia dell’Iran di oggi, che divenne una repubblica islamica di derivazione sciita. Khomeini pensava che il Corano, la legge di Maometto, fosse sufficiente a dare tutta la libertà di cui il suo popolo aveva bisogno. Pensava che l’Islam fosse giustizia, che fosse contro la dittatura, a favore dell’equità per i poveri e gli indigenti, che le democrazie occidentali erano corrotte e non bisognava prenderle d’esempio. Nazionalizzò le immense risorse petrolifere e la maggior parte delle industrie estrattive e di trasformazione di cui l’Iran disponeva.

L’inizio del terrorismo islamico.

I risultati non confermarono questa premessa e deluse le aspettative di chi sperava in un miglioramento delle condizioni di vita dei ceti più disagiati. La rivoluzione in Iran creò un grande impatto in tutto il mondo fino a modificare l’immagine dell’Islam; di fatto soppiantò il carattere moderato, che pure esisteva per un fondamentalismo tra i più intransigenti. Le stragi islamiche dell’11 settembre, di Nizza e di Parigi, e quanto conosciamo delle stragi jihadiste del nuovo millennio sia in Europa in Asia e in Africa, hanno subito l’influenza della rivoluzione islamica dell’Iran. In modo diretto o indiretto anche la costituzione di al-Qaeda e dello Stato Islamico, gli Hezbollah cioè il partito di Dio nato 1982 hanno avuto come padre ispiratore l’ayatollah Khomeini. La rivoluzione islamica iraniana e la nuova ideologia anti democratica hanno fatto sorgere partiti islamici fondamentalisti sia in Africa che in Asia. La loro intransigenza ha costretto all’emigrazione miglia di fedeli di altre religioni. Ancora oggi sono circa 360 milioni i fedeli cristiani perseguitati, sono circa 6 mila morti ogni anno per le violenze nei paesi a prevalenza mussulmana.

Gli ayatollah come Reza Palavi.

Dopo gli avvenimenti degli ultimi mesi in Iran è possibile istituire una repubblica democratica islamica? Dal punto di visto razionale un partito religioso che sia cristiano o islamico o induista non potrebbe essere democratico se la sua ideologia viene impostata sul rigore della fede. Infatti la fede non tollera idee diverse dalle proprie. Lo Stato italiano ha dovuto attraversare il fascismo e una guerra mondiale, per essere una nazione sempre più democratica. La Democrazia Cristiana, per essere democratica ha dovuto essere sostenuta da uomini di fede di un grande intelletto e sensibilità religiosa; ricordiamo don Sturzo, uno dei fondatori del cristianesimo democratico europeo, insieme a De Gasperi. La Chiesa ha contribuito con la Rerum Novarum, la dottrina sociale di papa Leone. La democrazia Cristiana ha condiviso la carta internazionale dei diritti umani e l’assimilazione delle idee liberali, le ideologie dei conservatori e dei socialisti. Ha elaborato insieme alle correnti laiche una Costituzione Italiana tra le più democratiche del mondo che andava oltre i principi morali del cristianesimo, ma tanto pluralista da non rinnegare le origini cristiane. Questo lavoro, complesso e coordinato, ha portato in modo progressivo alla nostra attuale democrazia; non perfetta, ma migliorabile.

Un islam democratico?

In futuro l’islam potrebbe elaborare, come il cristianesimo, una forma di “Islamizzazione della modernità”, ma bisogna che compia un lungo camino, la democrazia non si costruisce dall’oggi al domani, servono tempi e metodi. Una cultura democratica da costruirsi giorno per giorno. Nei Paesi Islamici, è inutile negarlo, sta nascendo questa esigenza alla libertà e per realizzarla serviranno intellettuali islamici democratici che siano disposti a dialogare con chi non ha fede e ad elaborare una forma dello Stato che sia rispettoso della laicità e delle altre fedi religiose. In quei Paesi la democrazia arriverà, ma servirà tempo e cultura e partecipazione. Oggi il regime degli Ayatollah sta continuando ad uccidere i giovani che protestano e le donne che rifiutano di indossare il velo. Forse il regime islamico ha le ore contate e cerca di salvare il salvabile con un metodo sbagliato. Le repressioni non hanno mai fermato le rivolte, anzi hanno generato un maggiore livore verso il Potere e la pena di morte è l’orrore di uno Stato che non comprende e non ascolta i messaggi suoi cittadini. La pena di morte divide, lo Stato deve condurre, non imporre le leggi.

Solo un potere cieco sordo e muto, uccide.

Forse gli ayatollah non hanno capito che nella società multimediale non è possibile reprimere le idee, che la libertà non si fermerà al velo, la libertà richiede sempre di più. Forse gli ayatollah non hanno capito che sono quasi vent’anni che i giovani protestano e che alle madri e ai padri che hanno manifestato nel passato, si sono unite le figlie e i figli dell’oggi. In Iran, la protesta proseguirà e se riusciranno a reprimere le idee adesso, tra qualche anno si uniranno anche i nipoti finché questo regime teocratico sarà sconfitto, così come è nella logica dei movimenti di massa che si ribellano agli Stati repressivi. Forse gli ayatollah non hanno capito che la propensione della persona alla libertà vale più della vita; che nascere donna non è e non sarà mai per le donne una condizione subalterna; che solo gli stupidi uccidono in nome di Dio, mentre Dio non uccide nemmeno gli stupidi e i bestemmiatori. L’arroganza occlude la mente e il non capire sarà la vera loro sconfitta.

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