DEPRESSIONE E ACCIDIA

Depressione e accidia indicano fenomeni diversi, sebbene presentino alcuni tratti in  comune.

La depressione è una malattia psichiatrica molto diffusa. Si stima che solo in Italia ne soffrirebbero 1,5 milioni d persone, mentre il 10% della popolazione italiana, circa 6 milioni di persone, avrebbero sofferto, almeno una volta nel corso della loro vita, di un episodio depressivo.

È una patologia alquanto invalidante e complessa.

Generalmente si suole distinguere fra depressione esogena e depressione endogena. Quella endogena è un disturbo dell’umore caratterizzato da sintomi quali: profonda tristezza, calo dell’energia vitale, perdita di interesse verso le normali attività, pensieri negativi e pessimistici, disturbi delle funzioni cognitive e sintomi vegetativi come alterazione del sonno e dell’appetito. La depressione esogena o reattiva può sopraggiungere in risposta a un evento specifico che viene vissuto dal soggetto come fortemente stressante e disorganizzante, tanto da far comparire in lui stati di disperazione, smarrimento, senso di impotenza.

La medicina ha fatto molti progressi nella cura di questa patologia, che richiede cure appropriate a base di farmaci e una buona psicoterapia, poiché molte depressioni sono il prodotto di un modo di pensare distorto o disturbato.

Un’idonea terapia cognitivo-comportamentale può sortire ottimi risultati purché il paziente collabori con il terapeuta e si sforzi di seguirne i consigli. Dalla depressione si può guarire, e il processo di guarigione è agevolato dalla fede e dalla preghiera. Difatti è più facile che cada in uno stato depressivo chi non abbia dato un senso alla propria vita, chi non sa darsi degli obiettivi significativi e gratificanti, chi ha una bassa autostima.

Gesù è stato definito il Terapeuta per eccellenza, tant’è vero che è stato coniato il termine “Cristoterapia” (si vedano, ad esempio, il testo di Hanna Wolff, Gesù psicoterapeuta, Queriniana, Brescia, 2017; il testo di Bernard Tyrrell, Gesù luce che guarisce, Cristoterapia, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo, 1998).

L’accidia, nei casi di depressione, compare spessissimo, anche se non va necessariamente collegata alla patologia depressiva. Essa è piuttosto una malattia spirituale che può innestarsi sul disturbo depressivo e acutizzarlo, oppure è un atteggiamento preesistente alla malattia che ne ha favorito la comparsa.

L’accidia è una forma abulica di tristezza e può volgersi in disperazione. San Giovanni Crisostomo scrive: «Il demonio non ha nelle mani armi più temibili della disperazione, così gli facciamo meno piacere nel peccare che nel disperare» (Omelie sulla penitenza, 1, 2).

Fonte di morte spirituale, la disperazione può anche indurre l’uomo al suicidio.

I Padri presentano questa passione come una forma di follia. San Sincletico, ricordando «la tristezza che viene dal nemico», dice anche che essa è «piena di follia» (Apoftegmi).

Gli effetti patologici della tristezza sono terribili. «La tristezza ne ha perduti molti», constata l’Ecclesiastico (Sir 30, 23). Questa passione produce fin dalle sue prime manifestazioni atteggiamenti passionali come l’acredine, la cattiveria, il rancore, l’amarezza, il risentimento, l’impazienza. Per tale ragione, essa turba gravemente le relazioni dell’uomo con il suo prossimo.

La tristezza riempie l’anima di tenebre, accecando l’intelligenza e riducendone la sua facoltà di discernimento. Astenia, tiepidezza, pusillanimità ne sono altri corollari. Essa «scompiglia la preghiera» (Evagrio Pontico), soprattutto quando questa segue a una colpa.

Nella lettera ai Filippesi (4, 4-7), Paolo di Tarso ribadisce con forza: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti […]. Non angustiatevi per nulla , ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù».

Contro la depressione e l’accidia, pertanto, oltre alle cure del medico, per ritrovare sé stessi e dare un senso pieno alla vita bisogna ricorrere alla preghiera, perché, come sosteneva San Leopoldo Mandic, Dio è medico e medicina.

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