Cos’è l’uomo? O meglio, chi è? Da dove viene?
Sono domande che hanno ricevuto due tipi di risposte: positivista o atea, e spirituale.
Per i positivisti, l’uomo discenderebbe dalle scimmie o dai pesci, sarebbe un’evoluzione di questi animali. È quanto sostiene il darwinismo.
Ma, se fosse vero, anche oggi noi dovremmo assistere alla trasformazione di una scimmia in un uomo. A me non risulta che sia mai accaduto. Da una scimmia nasce una scimmia; da un pesce un altro pesce; dal seme di una rosa spunta una rosa, non una rapa. Dall’uomo nasce un altro uomo. È la logica che ce lo dice, la ragione, la stessa scienza. L’uomo si è evoluto nei secoli, dall’uomo primitivo si è progressivamente giunti all’uomo sapiens sapiens. Le scimmie sono rimaste scimmie.
L’origine dell’uomo e dell’universo intero è divina. Non è frutto del caso. Se lo fosse, si attribuirebbe al caso un’intelligenza creatrice simile a quella di Dio. Il caso non ha intelligenza e non è in grado di creare alcunché. Dal niente il caos non può estrarre assolutamente niente.
Lo stesso Big Bang che, secondo gli scienziati, sarebbe all’origine dell’universo non è avvenuto a causa del caos o della materia. È molto più logico e razionale attribuire l’origine di tutto a Dio. È Lui che ha creato l’universo e l’uomo. Nessun’altra spiegazione regge e la stessa scienza formula delle ipotesi ma brancola nel buio, non riesce a rispondere a quanto non si può spiegare se non attribuendo a un’Intelligenza superiore la creazione di tutto.
Gli atei non vedono, sono ciechi.
La loro intelligenza è offuscata dalla superbia ed è molto limitata. Solo il credente in Dio è dotato di intelligenza e saggezza sul punto dell’origine dell’universo, dinanzi al cui mistero si resta attoniti e meravigliati.
Jean de La Bruyère scriveva che gli atei «sono troppo pigri per convincersi nella loro mente che Dio non esiste; la loro indolenza giunge al punto di renderli freddi e indifferenti su una questione tanto fondamentale, come sulla natura della loro anima e sulle conseguenze di una vera religione: non negano tali cose, né le ammettono; non ci pensano proprio».
Chi non crede in Dio è, in fondo, un disadattato, non ha punti di riferimento esistenziali, non riesce a dare una risposta a molti interrogativi, per cui è un essere sospeso, senza appoggi né radici profonde. È smarrito, angosciato. È un io decaduto o decadente. È quell’uomo stolto che costruì la sua casa sulla sabbia: «Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande» (Mt 7, 21-29).
Chi invece riconosce che Gesù è Dio, è saggio perché ha costruito la sua casa sulla roccia della Sua Parola. Sa chi è perché sa da dove viene.
«Strana illusione – scriveva Georges Bernanos – immaginare che si possa sradicare Dio dal mondo, senza scatenarvi dei mostri». Gli fa eco Stephen Colbert: «Ateismo: religione dedita al culto del proprio compiaciuto senso di superiorità».