È necessario riscoprire la parole, il loro valore, darle un senso, usarle in modo appropriato tenendo conto che la parola può uccidere, far male, ovvero dare speranza e fiducia, essere veicolo di conoscenza e di trasfusioni d’amore.
Spesse volte usiamo le parole come armi o strumenti di morte, per offendere il nostro prossimo, denigrarlo, giudicarlo. La parola-chiacchiera va evitata perché genera divisioni e malintesi. Papa Francesco ha in più occasioni stigmatizzato il pettegolezzo, il chiacchiericcio. Per tale ragione il Papa ha fatto appendere nel Palazzo Apostolico, nel cortile di San Damaso, un’icona che raffigura una Madonna con il dito indice sulle labbra, la Madonna del Silenzio.
All’Angelus del 6 settembre del 2020 invitò i fedeli a evitare il pettegolezzo: «Il grande chiacchierone è il diavolo, che sempre va dicendo le cose brutte degli altri, perché lui è il bugiardo che cerca di disunire la Chiesa, di allontanare i fedeli e non fare comunità. Per favore, fratelli e sorelle, facciamo uno sforzo per non chiacchierare. Il chiacchiericcio è una peste più brutta del Covid! Facciamo uno sforzo: niente chiacchiere».
Come ha scritto Marshall B. Rosenberg, uno psicologo americano (1934-2015), «Le parole sono finestre (oppure muri)».
Meglio tacere che aprire bocca per sparlare dell’altro. Il silenzio è prezioso, è un rimedio efficace contro la pettegolite. Più facciamo silenzio e più siamo in intimo contatto con noi stessi e con Dio.
Quando parliamo, dunque, dobbiamo prestare molta attenzione a ciò che ci accingiamo a dire, e al tono di voce. Le parole costruiscono o demoliscono. Specie il malvezzo di giudicare gli altri ha qualcosa di diabolico. Il diavolo è l’accusatore dell’uomo; Dio è il padre misericordioso dell’uomo, Colui che ama incondizionatamente. Egli è esclusivamente Amore, come ci fa ben intendere la splendida parabola del figliol prodigo.
Le stesse preghiere che recitiamo (se lo facciamo) sono fatte di parole che possono risultare false e ipocrite, pura esteriorizzazione di un sentimento di fede che ama mostrarsi. Cosa ci dice invece Gesù? In Matteo 6, 5-8, il Signore ci invita a pregare non alla maniera degli ipocriti «che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini […]. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». Gesù poi è contro la logorrea, ci invita a essere essenziali: non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Dio sa bene di quali cose abbiamo bisogno ancor prima che gliele chiediamo.
La camera è il nostro cuore. È lì che, nel segreto, preghiamo Dio, affinché venga il Suo regno e sia fatta la Sua volontà.
Noi, invece, facciamo il contrario, recitiamo preghiere ma non diventiamo preghiera vivente gradita a Dio. Dobbiamo essere preghiera, cioè parola che trasmette vita e amore attraverso ciò che facciamo e diciamo. Le parole farisaiche, ipocrite, menzognere e ridondanti cadono nel vuoto, non sono ascoltate da Dio. Egli desidera che ci trasformiamo in Parola, in Vangeli che camminano e annunciano la Buona Novella: la morte è stata sconfitta, la vita è eterna non per la sua durata ma per la sua qualità. La vita è eterna sin da ora e noi sperimentiamo il Paradiso tutte le volte che siamo Parola che salva e dà gioia, tutte le volte che non giudichiamo né condanniamo ma offriamo speranza di riscatto, testimonianza di una vita vera e nuova per grazia di Dio, quando siamo misericordiosi come Lui lo è.