Il Sudario di Manoppello

Il sudario del Volto santo consiste in un panno, presumibilmente di bisso, nel quale è impresso un volto che si ritiene essere quello di Gesù. Tutte le altre numerose reliquie della tradizione cristiana si rifanno al volto di Manoppello

Velo, Mandylion
e sindone

Le leggende relative al velo della Veronica poggiano comunque su un dato storico: l’esistenza nell’antichità di una reliquia con il volto di Gesù, identificato con il velo di Camulia, mentre la Sindone con il Mandylion di Edessa. Chiamata Mandylion (fazzoletto in siriaco) molto probabilmente perché in quel tempo la Sindone era piegata in quattro mostrando solo il volto. Molti artisti si sarebbero ispirati da queste antiche reliquie per le copie che si sarebbero diffuse in occidente.

 

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Tra il Mandylion e la Sindone di Torino non esiste un legame diretto: la sindone è un lenzuolo funebre e reca impressa una figura intera umana, mentre le icone pervenuteci, sono relative a un panno di dimensioni ridotte con il solo volto.

Il Mandylion o Veronica, cioè vera immagine, durante il XIV secolo divenne un’icona centrale nella Chiesa Occidentale. Era presente nella vecchia chiesa di San Pietro durante il papato di Giovanni VII (705-8) nella cappella conosciuta come la cappella della Veronica. Sembrerebbe comunque che si trovasse sul posto nel 1011 quando uno scriba fu identificato come custode del panno.

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Nel 1199 quando due pellegrini: Giraldo Cambrense, religioso e storico gallese e Gervasio di Tilbury, giurista, politico e scrittore inglese, raccontarono in tempi diversi di una visita a Roma riferendo della sua esistenza.

Dal 1207 al 1297 fu esposto pubblicamente da papa Innocenzo che garantì le indulgenze a chiunque pregasse davanti alla reliquia. Questa ostensione, tra S. Pietro e l’ospedale Santo Spirito in Sassia, divenne un evento annuale. Bonifacio VIII proclamò il primo giubileo nel 1300. Durante questa celebrazione, la Veronica fu esposta pubblicamente e divenne una delle “Mirabilia Urbis” (meraviglie della Città) per i pellegrini che visitavano Roma. Per i successivi duecento anni fu considerata come la più preziosa di tutte le reliquie cristiane.

Nel 1527, durante il sacco di Roma, alcuni scrittori riferirono che il velo fu rubato, altri testimoniano della continuità della sua presenza nel Vaticano.

Molti artisti dell’epoca crearono riproduzioni del velo. Nel 1616 il papa Paolo V proibì la produzione di copie del velo della Veronica a meno che non fossero eseguite da un canonico della basilica di San Pietro.

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Nel 1629, papa Urbano VIII proibì le riproduzioni del velo della Veronica, ma ordinò anche la distruzione di tutte le copie esistenti. Il suo editto dichiarò che chiunque avesse accesso ad una copia doveva portarla al Vaticano, pena la scomunica.

Dopo, il velo scomparve quasi totalmente dalla vista pubblica, e la sua storia dopo quella data non è documentata.

Esistono 6 immagini che si somigliano molto, copie dirette del velo di Edessa. Un’immagine conservata nella basilica di San Pietro che si sostiene essere la stessa Veronica venerata nel Medioevo. Questa immagine sarebbe tuttora conservata nella cappella che si trova dietro il poggiolo nel pilastro sud-occidentale che sostiene la cupola.

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Sono state registrate pochissime ispezioni nei tempi moderni e non ci sono fotografie dettagliate. L’ispezione più dettagliata registrata nel XX secolo avvenne nel 1907 quando lo storico dell’arte gesuita Joseph Wilpert fu ammesso a rimuovere due lastre di vetro per ispezionare l’immagine. Egli commentò che vide solo ‘un pezzo quadrato di stoffa leggermente colorata, alquanto scolorita dall’età, che porta due deboli macchie marrone-ruggine, unite l’una all’altra.

Questa immagine viene mostrata ogni anno nella domenica di Passione. La benedizione ha luogo dopo i Vespri tradizionali alle 17.00, con una breve processione nella basilica, accompagnata dalla litania romana. Una campana suona e tre canonici portano la pesante cornice fuori sulla balconata sopra la statua di santa Veronica che tiene il velo. Con questa vista limitata, però, non si vede alcuna immagine ed è possibile solo distinguere la forma della cornice interna.

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La Veronica

Esistono varie copie della Veronica dipinte prima del divieto di Urbano VIII.

  1. Nel palazzo Hofburg di Vienna, conservata nella Schatzkammer dei tesori sacri e secolari della dinastia degli Asburgo. L’immagine è identificata con la firma di P. Strozzi nell’angolo destro della cornice interna. Egli era il segretario di papa Paolo VI. Il notaio vaticano Jacopo Grimaldi riferisce come avere eseguito una serie di 6 copie meticolose del velo nel 1617.
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2) Monastero del Volto santo, Alicante, Spagna. Questa reliquia fu acquistata da papa Nicolò V da alcuni parenti dell’imperatore di Bisanzio nel 1453. Il velo fu dato poi da un cardinale del Vaticano a un prete spagnolo, Mosen Pedro Mena, che lo portò ad Alicante nella Spagna meridionale, dove arrivò nel 1489. Una grave siccità affliggeva il territorio, portato in processione il 17 marzo da un prete di Alicante, Padre Villafranca, una lacrima spuntò sulla faccia del Cristo del velo e iniziò a piovere. La reliquia è ora custodita nel monastero del Volto santo, alla periferia di Alicante.

3) La cattedrale di Jaén nella Spagna meridionale ha una copia della Veronica che probabilmente data dal XIV secolo e ha origine a Siena. È conservata in una teca accanto all’altar maggiore ed è messo in mostra annualmente il venerdì Santo e nella Festa dell’Assunzione. È nota come il Santo Rostro e fu acquistata dal vescovo Nicola de Biedma nel XIV secolo. Immagini simili collegate al Mandylion.

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La copia Fu donata, nel XIV secolo, al doge Leonardo Montaldo dall’imperatore bizantino Giovanni Paleologo.

4) Questa copia fu conservata nella chiesa romana di San Silvestro fino al 1870 e si trova ora nella cappella Matilda in Vaticano. Dipinta su legno, fu esposta all’Expo 2000 in Germania, presso il padiglione della Santa Sede.

Parlano del Volto Santo

Giovanni Villani storico dell’esposizione della Veronica in Santo Spirito di Sassia nelle sue Croniche libro IX: 

” e per consolazione de’ cristiani pellegrini ogni venerdì o di’ solenne di festa, si mostrava in san Pietro la Veronica del sudario di Cristo. Per la qualcosa la gran parte de’ cristiani che allora viveano feciono il detto pellegrinaggio, così femmine come uomini, di lontani e diversi paesi, e di lungi e dappresso. E fue la più mirabile cosa che mai si vedesse (…) ed io il posso testimoniare, che vi fui presente e vidi …”

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La Divina Commedia canto XXXI 193 – 108 

“Quel è colui che forse di Croazia

viene a veder la Veronica nostra, 

che per l’antica fame non sen sazia

ma dice nel pensier, fin che si mostra:

segnor mio Iesu Cristo, Dio verace,

 or fu sì fatta la sembianza vostra?”

Petrarca ne Le familiari IX 13 – 34

Vedrà l’effigie del Volto del Signore, sia conservato sul lino di donna, sia in risalto sulle pareti della madre delle chiese.

e nel Canzoniere XVI 1.9.11

Movesi il vecchierel canuto e bianco| e viene a Roma seguendo ‘l desio per rimirar la sembianza di Colui, ch’ancor lassù nel ciel veder spera.

Marco Polo nel Milione parla della Veronica a cui avrebbe dovuto l’imperatore della Cina porre dentro un tessuto di amianto per proteggerlo da eventuali incendi.

“Anco vi dico che a Roma à una di queste tovaglie che ‘l Grande Kane mandò per grande presenti perché ‘l sudario del nostro Signore vi fosse messo entro”

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Il Velo di Manoppello

Nel 1999, padre Heinrich Pfeiffer, professore di storia dell’arte e iconografia cristiana nella facoltà di Storia e beni culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana di Roma, annunciò in una conferenza stampa, che aveva trovato il velo originale della Veronica in una chiesa del monastero cappuccino nel paese di Manoppello.

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Secondo la tradizione locale, un pellegrino anonimo arrivò nel 1506 e lo diede a Giacomo Antonio Leonelli, presso la chiesa di san Nicola. Il dottore entrò in chiesa e aprì l’involucro contenente il velo. Il pellegrino scomparve. Il velo fu posseduto dalla famiglia Leonelli fino al 1608.

Pancrazio Petrucci, un soldato sposato con un membro femminile della famiglia, Marzia Leonelli, rubò il velo nella casa del suocero. Pochi anni dopo, Marzia lo vendette a Donato Antonio De Fabritiis per riscattare il marito, prigioniero a Chieti. Il velo fu dato da De Fabritiis ai cappuccini che ancora oggi lo possiedono.

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Questa vicenda fu documentata da padre Donato da Bomba nella suo “Relatione historica” nel 1640. Il professor Pfeiffer ritiene che l’immagine sia la stessa Veronica rubata dal Vaticano.

Papa Benedetto XVI ha visitato il velo il 1º settembre 2006. Subito dopo la visita ha innalzato il santuario ospitante al rango di Basilica Minore.

Le singolarità

del Velo di Manoppello

La natura di questo velo è inspiegabile così come la Sindone e con la Sindone ha una profonda relazione di congruenza.  

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Il tessuto sembrerebbe fatto di una rara fibra marina detta bisso, tratta dal mollusco Pinna Nobilis, non più utilizzato ai nostri giorni.

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Il velo è di una eccellente trasparenza. Infatti si può osservare distintamente qualsiasi oggetto dalla banda opposta.

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L’immagine è visibile sia da una superficie del tessuto sia dall’altra con la caratteristica di essere speculare, cioè come un’immagine che si riflette nello specchio.

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Il tessuto sembrerebbe fatto di una rara fibra marina detta bisso, tratta dal mollusco Pinna Nobilis, non più utilizzato ai nostri giorni.

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Il bisso non è sbiancabile se non con il cedro, così è inspiegabile come sia potuto formarsi il bianco del bulbo oculare.

Nel 1974 il velo sottoposto ai raggi ultravioletti non furono rilevati materiali organici che impregnano i fili dello spessore di 120 µm. Inoltre il bisso essendo di origine marina è inalterabile all’assorbimento dl colore. Invece si sono rilevati segni di bruciatura nelle iridi. 

La tessitura è irregolare e rudimentale, esiste una discontinuità lungo la direzione orizzontale, si possono contare da 25 a 29 fili per ogni centimetro quadrato.  La tecnica di tessitura è simile a quella dei tessuti trovati nelle tombe dei faraoni in Egitto e in quelle della Palestina del I° secolo.

L’immagine che appare si modifica man mano che aumenta l’intensità luminosa, il volto modifica l’espressione. Il grado di apertura delle labbra è differente se viene illuminato dalla parte anteriore o posteriore, in alcuni casi si notano i denti in altre solo le labbra.

Sull’occhio con una bassa illuminazione si osservano delle sclere di sangue nella parte chiara, mentre aumentando l’intensità luminosa, esse scompaiono.

Egli indica inoltre che è il tessuto posto sopra il volto di Gesù nella tomba e l’immagine era un sottoprodotto delle forze scatenate dalla resurrezione, le stesse forze che egli crede abbiano formato l’immagine sulla sindone di Torino. In aggiunta egli ha suggerito una storia del velo che torna al I secolo. Tale ipotesi tuttavia è per l’appunto tale non essendo possibile, ovviamente, supportarla dall’evidenza.